Già ieri pensavo che oggi pomeriggio avrei dovuto scrivere una recensione sulla nuova, ultima fatica di David Bowie, ★ (Blackstar). Il singolo, Lazarus, accompagnato da un bellissimo videoclip, già mi aveva spiazzato e così, sin da venerdì 8 gennaio (data di uscita dell’album), mi sono ascoltato più volte i sette brani di cui è composto il lavoro.
Ora mi trovo qui davanti al computer, ma nel frattempo la leggenda non c’è più. Blackstar è così diventato un disco quasi postumo. Un disco che a molti non credo piacerà data la sua intrinseca complessità, ma che a chi è cresciuto con Bowie qualcosa ha sicuramente detto. Un disco molto indie non commercialmente ma dal punto di vista prettamente artistico: d’altronde Bowie ha sempre spiazzato facendo sempre e solo ciò che voleva e anche stavolta è stato così.
Blackstar, lo si può dire senza troppi giri di parole, è l’ennesimo ed ultimo capolavoro del Duca Bianco. All’interno ritroviamo originalità, sperimentazione, improvvisazione jazzistica, tecnica musicale (da citare almeno l’eccelso saxofonista Donny McCaslin), grandi (anche se difficili) canzoni. A “Lazarus” va la palma di brano più accessibile, al resto la gioia di sentire così tanto talento dovuto alla mente di un sessantanovenne. Bowie, come a molti altri, mi mancherà. Moltissimo.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman