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Foxygen – Hang: Recensione

Quinto album in dieci anni per la sconvolta (e sconvolgente) band californiana in mano al duo Jonathan Rado-Sam France. Una carriera decennale all’insegna dell’eccesso: eccessivo era il numero di brani del loro esordio “Jurrassic Exxplosion Phillipic” (ben trentasei!), eccessiva era la durata di uno dei loro primi successi (i più di dieci minuti di “Teenage Alien Blues”, dal secondo lavoro “Take the Kids Off Broadway!!!”), eccessivo il titolo del loro terzo disco “We Are the 21st Century Ambassadors of Peace & Magic”, eccessivo nella disparità di generi affrontati il doppio Lp “…and Star Power”. Eccessiva, infine, l’ultima fatica “Hang”, un colosso suonato dalla bellezza di oltre quaranta musicisti dell’orchestra sinfonica diretta dal direttore Trey Pollard.

Poco più di mezz’ora di musica, i due “padri padroni” autori, la già citata orchestra, l’arrangiatore Matthew E. Smith, gli ospiti Lemon Twigs e Steven Drozd dei Flaming Lips: questi elementi abilmenti mescolati fra loro in giuste proporzioni hanno dato vita ad una delle opere più pompose e glam degli ultimi anni, un qualcosa che manco Bowie negli anni Settanta avrebbe probabilmente potuto concepire. Pochissime chitarre (ma uno straordinario solo di elettrica in feedback sul finale della conclusiva “Rise Up”), molto pianoforte, tanta melodia e, forse per la prima volta nel percorso artistico dei Foxygen, zero uscite di tema, ma al loro posto semplicemente otto canzoni, anzi molto di più, otto belle canzoni. Fra richiami a Rolling Stones e a Phil Spector come alla doppia tonalità di voce di Mr. Iggy Pop, il tempo scorre che è un piacere e forza l’ascoltatore a premere il tasto repeat dello stereo alla fine di tutto, più e più volte. Unico dubbio…come faranno i due a portare dal vivo un tale monumento sonoro?

Andrea Manenti