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HAVAH – Contravveleno: Recensione

Michele Camorani, mente di Raein e La Quiete, ha pubblicato il suo terzo album con il progetto HAVAH, “Contravveleno”, uscito per la Maple Death Records. I testi del disco sono una trasposizione delle storie di guerra e resistenza raccontate da Nullo Mazzesi, ex partigiano emiliano che all’età di 12 anni rubava armi agli invasori tedeschi. Da ciò, una serie di circostanze ordinarie fatte canzoni, dove la guerra immobilizza, lasciando poco spazio alla speranza, mangiata dalla disperazione.

Le linee di chitarra rinunciano a essere taglienti come negli album precedenti, le sonorità si fanno più composte, meno DIY e arricchite in alcuni brani dai synth, elemento nuovo per le corde degli HAVAH. La voce evidenzia una certa somiglianza con “Siberia” e i Diaframma di Miro Sassolini, soprattutto in Problemi Elementari, in cui il ritratto delle cose care è a tinte fosche e gelide. Un suono quindi più morbido, più tipico della dark-wave e pieno di ombre. Si guarda alle storie come nascosti sotto una coltre nera, trattenendo il respiro per la paura di farsi sentire.

Come i precedenti lavori di Camorani, anche questo disco ha trovato un buon riscontro in USA, segno che le barriere linguistiche vengono spezzate quando le sonorità cupe si fanno comunicative. Non sembra esserci una luce in fondo al tunnel di “Contravveleno”, come se non ci fosse un antidoto a situazioni che ritornano. E anche il tema della memoria non sembra aver funzionato: «Senza memoria non c’è futuro / e lo ripeto per darmi forza / ma ho bisogno di un attimo / per dimenticare / per potermi riposare».

Andrea Frangi