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Waxahatchee – Great Thunder Ep: Recensione

Waxahatchee è un progetto nato nel 2010 dalla cantante statunitense Katie Crutchfield. Con il precedente lavoro, “Out in the storm”, la band aveva preso una piega punk-rock. In questo nuovo Ep, “Great Thunder”, le sonorità sono invece più acustiche.

Il titolo del disco è stato scelto in onore dell’omonimo gruppo (Great Thunder, appunto) fondato nel 2013 dalla stessa Katie e da Keith Spencer, ex batterista dei Waxahatchee. L’Ep, infatti, è composto da sei brani tratti dall’unico disco dei Great Thunder, “Groovy Kinda Love”, qui riproposti in una nuova versione.

Ha spiegato la cantante: «Great Thunder era il progetto di Keith, mentre Waxahatchee era il mio. Per questo all’epoca decidemmo di abbandonare la collaborazione e prendere strade diverse. All’interno di “Groovy Kinda Love” (2014) dei Great Thunder c’erano però molte canzoni scritte da me. Io ho sempre amato quelle canzoni, ma temevo che svanissero nel nulla. Così ho pensato di farle uscire».

In effetti Katie ha fatto la scelta giusta: i brani sono risuonati in maniera totalmente personale e lasciano intravedere la parte più intima e introversa della Crutchfield, soprattutto nei testi impregnati di malinconia e rabbia implicita. Ci troviamo di fronte ad un lavoro molto ben costruito: ballad che scorrono lisce, senza l’aiuto di una sezione ritmica che le supporta, ma con l’appoggio di accordi di pianoforte e note di basso lunghe. Non serve altro.

Singer’s no Star e You’re Welcome aprono l’Ep in piano/voce, e passando per il singolo di stampo country, Chapel of Pines, si arriva a Slow You Down, che cresce con ritmo sostenuto. Il tutto si conclude con la struggente Takes It Home, dove Katie tira fuori il suo veleno più nascosto, con il mantra “Take it out, take it out on me baby”.

Durante le registrazioni, la cantante dice di essere stata ammalata. Infatti la sua voce, a differenza degli altri dischi, risulta rauca in alcuni punti, riuscendo ad esprimere una sensibilità emotiva non da poco. Queste sei canzoni sono l’ esempio perfetto per recepire “l’importanza dell l’imperfezione” vocale, che non è sempre da condannare ma può risultare al contrario un effetto davvero interessante (vedi Billy Holiday in “Strange Fruit”). Bene. Sono 17 minuti di bella musica. Il tempo di prendersi una pausa dal mondo.

Pietro Gregori